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La visione delle lingue nell'esilio di Lorenzo Hervàs y Panduro

Diego Poli


Università di Macerata



La mia posizione si rivelerà polemica nei confronti della storiografia linguistica che, oltre a sottovalutare gli interessi dimostrati dai Gesuiti verso la retorica e la grammatica, ha ignorato le segnalazioni che studiosi «non sospetti» (si pensi a Leibniz e a von Humboldt) ebbero a fare in merito alle specifiche competenze acquisite da alcuni membri dell'Ordine. E'infatti solo recentissima la presa di coscienza di un filone inesplorato di una linguistica definita «missionaria» (Marazzini 1987) che tuttavia è ancora rappresentata come episodica e ininfluente rispetto al panorama della cultura contemporanea.

Inoltre, lo sviluppo della branca etnologica nella linguistica ha cominciato a prendere in serio conto la possibilità di vagliare le raccolte inedite di dati provenienti dai territori di missione e conservate negli archivi romani. In particolare, viene riconosciuta l'istanza empirica che portò i Gesuiti a servirsi delle fonti dirette là dove la linguistica filosofica del Settecento privilegerà gli stereotipi sulle lingue dei popoli altri (Cardona 1976: 37-47). Infatti la registrazione regolare dei rapporti era un esercizio comandato ai Gesuiti da un insegnamento retorico con cui si mirava a equilibrare l'applicazione di mnemotecniche formative nell'educazione dell'individuo (Yates 1966) con la fissazione affidata alta scrittura di fatti che erano giudicati utili per l'informazione collettiva. Come conseguenza, l'Europa si trovò a conoscere per la prima volta un sistema che, proponendo l'apertura verso le culture etniche, sensibilizzava a un approccio che cogliesse gli aspetti antropologici e pragmatici dell'analisi.

L'impegno mostrato dai Gesuiti nel curare l'insegnamento linguistico si palesava nella dinamica della comunicazione che caratterizzava il toro zelo missionario. Nei Collegi, le tecniche di apprendimento glottodidattico erano finalizzate all'apostolato attivo che sapesse adeguarsi alle singole situazione e ricalcasse l'exemplum pentecostale, come viene anche sancito dalla Exhortatio   —114→   XI di Coimbra del P. Jerónimo Nadal (Nicolau 1945): «imitando pues [a] los Apóstoles, a los cuales dio el Señor donum linguarum y la profecía y el doctorado en la Iglesia, y esto por don y milagros, esperemos en el Señor que nos dará gracia para ello, que seremos profetas, hoc est, interpretes Scripturarum, y sabremos las lenguas para lo poder nos bien hacer».

Il testo delle Constitutiones (MHSI 1938) entra nel merito del curriculum stabilendo che, alle lingue classiche e all'ebraico, si affianchino l'arabo, il caldeo, l'indiano o qualunque altra lingua che sarà ritenuta opportuna (Declaratio B in cap. X11): «sic de aliis dicendum, quaxe esse possent aliis in regionibus ob similes causas utiliores». L'omologazione delle lingue «altre» alle lingue classiche e teologiche era implicita nell'insegnamento evangelico che riconosce il «prossimo» come persona mediata da Cristo. L'innovazione portata dalla Compagnia consiste nell'aver collocato la predicazione in una dimensionestorica che, proponendo una nuova ottica, avrebbe aiutato a superare la contrapposizione concettuale «civilizzato» vs. «barbarico».

Strumentale a tale linea pedagogica divenne la elaborazione di una retorica che mirava a interpretare la realtà adeguando gli schemi tràditi ai condizionamenti culturali (Poli 1989-90). Dal ridimensionamento delle categorie universali conseguirono la valorizzazione di procedure induttive nella descrizione grammaticale delle lingue altre e la contrapposizione all'impostazione razionale della Grammaire fornita dai Signori di Port-Royal. La polemica dottrinaria dei Gesuiti nei confronti del Giansenismo rientrava, quindi, in uno schema ideologico globale.

Rispetto alla teoria logico-grammaticale di Port-Royal, che si riallaccia alla tradizione del razionalismo classico (Tsiapera, Wheeler 1993), la ricerca dell'antropologia attraverso la retorica e le tecniche di approccio al dato culturale perseguita dai Gesuiti risulta possedere aspetti pionieristici, al punto che solo molto di recente è stato possibile rivalutarla. Certamente non è stato di poco nocumento il coinvolgimento che la Compagnia ebbe nelle vicende politiche contemporanee. La diffusione della rete dei Collegi gesuitici e, quindi, il ruolo esercitato da questo sistema educativo (de Dainville 1978) s'interromperanno bruscamente allorquando una serie di circostanze storiche porterà alla rottura con i sovrani dell'Europa cattolica. Oltre a ciò, gli idéologues del'700 francese, che saranno gli eredi e i continuatori delle concezioni pedagogico-grammaticali di Port-Royal, contribuiranno a scavare il solco fra il pensiero da loro sviluppato, e destinato a trionfare con la Rivoluzione, e le dottrine dei Gesuiti che oramai saranno stigmatizzate come retrograde.

Schiacciata fra le reazioni realiste e i fermenti illuministici, la posizione della Compagnia divienne insostenible e perse rapidamente quel rilievo politico e culturale che era riuscita rapidamente a guadagnarsi. Eppure, ancora durante la diaspora gesuitica causata dalle promulgazioni dei bandi di espulsione, vediamo maturare i frutti del costante impegno sul campo svolto dai membri dell'Ordine che erano portati a conoscenza comune attraverso i canali di diffusione della rete.

La situazione di grave disagio psicologico causato dall'esilio del 1767 non incise sulla disciplina del p. Lorenzo Hervás y Panduro (Horcajo de Santiago 1735, Roma 1809) che si applicò alla realizzazione di un progetto scientifico di taglio enciclopedico mirato a cogliere la presenza sulla terra dell'uomo come soggetto attivo nel denotare verbalmente le innumerevoli differenze del creato. I 21 volumi dell'Idea dell'Universo (Cesena, per i tipi di Gregorio Biasini, 1778-1787), che contengono la storia dell'umanità, della terra e del cosmo, si concludono con l'ampia trattazione, descrittiva, tipologica, storica, che permetterà di ridurre a classificazione le lingue disperse dalla confusione babelica. Hervás y Panduro titola i cinque ultimi libri: Catalogo delle lingue conosciute e notizia della loro affinità e diversità (1784), Trattato dell'origine, formazione, meccanismo ed armonia degli idiomi (1785), Aritmetica di quasi tutte le nazioni conosciute (1786), Vocabolario poligloto (1787), Saggio pratico delle lingue (1787). Una versione spagnola in sei volumi, uscita con il titolo Catálogo de las lenguas de las naciones conocidas y numeración, división y clases de estas según la diversidad de sus idiomas y dialectos (Madrid 1800-1805), risulta meno sistematica e coerente (Coseriu 1978:48).

Un fugace accenno alla sua opera figura nella storia della linguistica tratteggiata dal Thomsen (1927:40) dove, tuttavia, Hervás y Panduro viene considerato assieme a Pallas e ad Adelung un Polyglottsammler pur riconoscendolo dotato di una capacità investigativa che gli faceva superare il livello del mero confronto lessicale. Di recente, le istanze teoriche e metodologiche sviluppate da Hervás y Panduro sono state finalmente esaminate dalla Tonfoni (1988) e dal Sarmiento (1990). Resta comunque il fatto che l'assunto basilare cui rimandano le sue richerche propone il profondo radicamento delle lingue nella storia dell'umanità e si pone in alternativa al deduttivismo della grammatica di Port-Royal rivelandolo, in tal modo, in lui un precorritore del comparativismo ottocentesco. La posizione di Hervás y Panduro che appare, infatti, insolita se viene ricondota a quegli schemi di riferimento trova il suo luogo ideale di maturazione nel contesto della tradizione scolastica gesuitica da dove, per altro egli, deve anche avere tratto l'interesse a cogliere l'aspetto linguistico delle problematiche.

Nel quadro europeo di una cultura di stampo empirico che mirava ad accumulare notizie sulle lingue per elaborare progetti scientifici (Auroux et al. 1992; Nowak 1994), la linguistica gesuitica trova, dunque, un suo ruolo non secondario. D'altra parte, la prova che stretti legami siano esistiti fra l'Ordine e gli studiosi del '600 e '700 dimostra che le speculazioni dei Gesuiti erano orientate nella stessa direzione che le Società e le Accademie stavano assumendo in quegli anni. Nei suoi scritti anche Hervás y Panduro annota in più luoghi la conoscenza di ambienti laici; si vedano, per tutti, i contatti epistolari con il celtista anglo-irlandese Charles Vallancey.

Comunque, prima ancora che Friedrich Schlegel e Franz Bopp interpretassero gli universali metodologici corne universali storici, l'analisi documentaria di Hervás y Panduro concepì le lingue come elaborati della storia prodottisi nei secoli e, pertanto, come immagini degli accadimenti realli. Rispetto alla teorizzazione della unicità della grammatica, Hervás y Panduro prospetta la possibilità di una pluralità di grammatiche che rispecchino le visioni della realta elaborate dai vari popoli che, anche grazie all'opera de Gesuiti, sono stati conosciuti sullo scenario europeo. Nell'insegnamento di Hervás y Panduro, la lingua di ciascuno merita di essere assunta quale testimonianza delle diverse stratificazioni socio-culturali che hanno lasciato l'impronta nell'evoluzione di ogni specifica etnia.






Bibliografia

  • AUROUX S. et al. 1992: «La question de l'histoire des langues et du comparatisme», in Europäische Sprachwissenschaft um 1800, vol. III, Münster, pp. 123-133.
  • CARDONA, G. R. 1976: Introduzione all'etnolinguistica, Bologna.
  • COSERIU, E. 1978: «Lo que sabemos de Hervás», in Estudios ofrecidos a Emilio Alarcos Llorach, vol. III, Oviedo, pp. 35-58.
  • DE DAINVILLE, F. 1978: L'education des Jésuites, Paris.
  • MARAZZINI, C. 1987: «Linguistica in Vaticano: Missionari e sanscrito nel secondo Settecento», in Le vie di Babele, Milano, Casale Monferrato, pp. 57-64.
  • MHSI 1938: Monumenta ignatiana. Constitutiones, ser. tertia, vol. III, Roma.
  • NICOLAU, M. 1938: Pláticas espirituales de P. Jerónimo Nadal, S. I., en Coimbra (1561), Granada.
  • NOWAK, E. 1994: «From the unity of grarnmar to the diversity of languages», in Beiträge zur Geschichte der Sprachwissenschaft, 4/1, pp. 1-18.
  • POLI, D. 1989-90: «Politica linguistica e strategie della comunicazione gesuitiche in Matteo Ricci» in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia (dell'Universitá di Macerata), 22-23, pp. 459-483.
  • SARMIENTO, R. 1990: «Lorenzo Hervás y Panduro (1735-1809): entre la tradición y la modernidad» in Papers from the fourth international conference on the history of the language sciences, Trier 24-28 August 1987 (HHL 51), vol. II, Amsterdam-Philadelphia, pp. 461-482.
  • THOMSEN, V. 1927: Geschieitte der Sprachwissenschaft, Halle/Saale.
  • TONFONI, G. 1988: «Problemi di teoria linguistica nell'opera di Hervás y Panduro» in Lingua e stile, 23/3, pp. 365-381.
  • TSIAPERA M., WHEELER G. 1993: The Port-Royal grammar. Sources and influences, Münster.
  • YATES, F. A. 1966: The art of memory, London.


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