Il labirinto magico: studi sul «Nuovo romanzo» ispano-americano
Giuseppe Bellini
La remota polemica
intorno all'esistenza di un romanzo ispano-americano, che prese le
mosse dalle affermazioni di Luis Alberto
Sánchez1,
appare oggi definitivamente archiviata. Non meno di essa appare
superato il dibattito -in alcuni momenti particolarmente
agguerrito- intorno alla concreta realtà, negli ultimi
decenni, di un «nuovo
romanzo»2
.
Non v'è, infatti, chi neghi oggi la presenza, in ambito
ispano-americano, di un gruppo cospicuo di narratori le cui opere,
di sicuro livello artistico, si sono imposte come uno dei momenti
più prestigiosi della creazione letteraria del nostro
tempo.
Non è,
quindi, mia intenzione, in queste pagine, aggiungere un ulteriore
capitolo -del resto superfluo- ad alcuno dei due problemi allusi.
Delle mie idee intorno al romanzo ispano-americano, ossia al
«vecchio» romanzo, per distinguerlo dal
«nuovo», fa fede un remoto saggio del 19573.
A tale saggio si ricollega, in parte, lo studio dedicato alla
narrativa di Miguel Ángel Asturias4,
ma per porre in rilievo quanto di nuovo e di rivoluzionario
è presente in essa, quale precorritrice della «nueva
novela» ed espressione rilevante del nuovo orientamento di
cui pone le basi. Al medesimo disegno risponde il più
recente studio sulla narrativa di Demetrio Aguilera
Malta5,
in non pochi momenti precorritrice anch'essa delle nuove tendenze.
Proprio in quest'ultimo studio, nella sua parte introduttiva, ho
espresso talune riserve nei confronti di alcune affermazioni di
esponenti del «nuovo
romanzo»6
,
che qui riconfermo, soprattutto nel senso che ingiustificatamente
essi emarginano, e con troppa sbrigatività, epoche e nomi
che hanno parte determinante nella storia della narrativa
ispano-americana. Non è lontano il tempo, in effetti, in cui
un narratore di rilievo come Mario Vargas Llosa negava, per
l'ennesima volta, l'esistenza di un romanzo ispano-americano
anteriore alla comparsa degli scrittori della sua
«generazione»7;
ima generazione accomunata non per l'età, ma unicamente per
gli intenti di rinnovamento espressivo. Prima di questi scrittori
sembra esistere, nell'opinione dello scrittore peruviano, il
deserto. Ma il confinare semplicisticamente il romanzo dell'epoca
romantica tra le imitazioni pure e semplici della narrativa
europea8,
significa non valutare adeguatamente il fenomeno nei suoi riflessi
originali in America, dei quali, precisamente María, del colombiano
Jorge Isaacs, è uno dei più validi
risultati9.
Del pari, il parlare di un «cosmopolitismo
invertebrado»
e di un «agresivo
provincialismo»
per il romanzo che va dalla
seconda metà dell'ottocento agli inizi del
novecento10,
significa non far conto dell'impegno faticoso del narratore
ispano-americano per uscire dai limiti angusti della società
in cui era rinchiuso, per raggiungere, insieme al coronamento di
ideali non certo di scarso rilievo dal punto di vista etico,
un'espressione per quanto possibile originale. Ugualmente troppo
sbrigativo appare il desiderio di liberarsi di nomi prestigiosi e
consacrati -Rivera, Alegría, Gallegos-, affermando sì
che la loro opera costituì «un paso addante», ma
che letterariamente essa rappresentò «una confusión entre creación e
información, entre arte y artesanía»
, e che
la visione della realtà che la ispirava fu sempre «decorativa y
superficial»11
.
Con esemplare
modestia uno scrittore come Miguel Ángel Asturias ha
riconosciuto sempre il legato dei grandi scrittori del passato. Il
«nuovo romanzo» non si costruisce sul vuoto, ma su
tutta una serie di apporti attraverso il tempo, segnati dalle
diverse correnti, dai diversi orientamenti che la narrativa ha
espresso nel mondo occidentale, su una vera e propria
«storia», quindi, anche del romanzo ispano-americano,
che affonda le sue origini addirittura negli anni della conquista.
Se Mario Vargas Llosa e Gabriel García Márquez,
infatti, rivalutano la narrativa ispanica dell'Etá Media, i
libri di cavalleria -in particolare Tirant lo Blanc il primo12,
e Amadís il secondo13-,
cui la nuova narrativa si avvicinerebbe per le straordinarie
qualità di «fabulación»
,
vedendo in essi addirittura i propulsori delle fantastiche
realizzazioni della conquista americana14,
Miguel Ángel Asturias fa risalire proprio al prodotto
letterario di questo spirito, le cronache della conquista
-soprattutto la Verdadera historia de la conquista de
México, di Bernal Díaz del Castillo, i
Comentarios
Reales dell'Inca Garcilaso-, l'origine del romanzo
ispanoamericano15.
Giustamente lo scrittore guatemalteco ritiene che i nuovi narratori, per quanto alto sia il loro valore, sorprendente la novità delle tecniche espressive, anzi, precisamente per questo loro valore intrinseco e per la novità della espressione che ne afferma l'originalità, non possono dimenticare gli scrittori del passato, se validi scrittori sono stati. Una generazione vive, del resto, per quanto si rifiuti di ammetterlo, per quanta guerra muova a quella che la precedette, non solo dei frutti di essa, ma del capitale di esperienze, di raggiungimenti di tutte le precedenti. Suonano, perciò, esatte ed equilibrate le parole con cui Asturias ricorda ai nuovi scrittori il debito inevitabile che essi hanno con i predecessori, l'eredità di un legato che sono destinati a continuare16.
Detto questo,
è fuor di dubbio che la fioritura della narrativa
ispano-americana, rappresentata dalle opere degli scrittori della
«nueva
ola»
, ha dato a essa la maggiore
età. Un critico lucido come Andrés Amorós ha
sottolineato che la caratteristica essenziale del «nuovo
romanzo» è il problema dell'opera d'arte17,
condividendo con Carlos Fuentes il giudizio che oggi il romanzo
ispanoamericano è «mito, lenguaje
y estructura»18
.
Affermato che questi tre elementi funzionano da contrappeso per
evitare i rischi del formalismo, proprio, ad esempio, degli
esperimenti francesi, il critico rileva che i nuovi romanzieri
considerano la lingua spagnola troppo «lastrada»
da
una tradizione di secoli, troppo rigida e accademica, perciò
inadeguata a esprimere l'autentica vita contemporanea19.
Sono afférmazioni che stanno alla base delle prese di
posizione di Fuentes, di Vargas Llosa, di García
Márquez20-,
ma prima di loro questi concetti li aveva espressi Miguel
Ángel Asturias21.
A ragione, o
«con
exageración»22
il rinnovamento linguistico e formale è una delle più
cospicue qualità del «nuovo romanzo»
ispano-americano, la cui crisi, a detta del Loveluck23,
si manifesta a partire dal 1940 come ansia di rinnovamento, ma i
cui frutti più notevoli si cominciano ad avere a partire dal
1949, anno in cui Asturias pubblica Hombres de mah, uno dei libri più
significativi, a mio parere, della rivoluzione espressiva e
strutturale che caratterizza la nuova narrativa. Nello stesso anno
Alejo Carpentier enuncia, nel prologo a El reino de este mundo, la teoria de
«lo real maravilloso»24
.
Il mondo americano incomincia a esprimersi in modo inedito nel
romanzo. Più esattamente Miguel Ángel Asturias
propenderà per il termine «realismo
mágico». Viene quindi il nucleo di scrittori che, da
Rulfo a Fuentes, da José María Arguedas a Vargas
Llosa, da Roa Bastos a Sábato, a Cortázar, da Onetti
a García Márquez, da Donoso a Lezama Lima, daranno
consistenza alla nuova narrativa, in una molteplicità di
sfumature originali.
L'influenza di
Joyce, di Kafka, di Faulkner, quella del cinema in particolare, la
conoscenza del «nouveau
roman», stanno alla base della «nueva novela», nel
senso di un arricchimento culturale e tecnico, per aprire a essa
una varietà di direzioni che confluiscono in una serie
sorprendente di risultati artistici. Carlos Fuentes si assume
presto il compito di dare sistemazione critica, ideologica, alla
nuova narrativa, di collegare in un comune vincolo di
solidarietà i nuovi scrittori e di diffonderne il
nome25,
talvolta dimenticando valori indiscussi e affermati, o alludendo a
essi solo di sfuggita e come a superati, o lasciando in ombra
taluni autori che avrebbero meritato maggior notorietà. In
ciò affiancato da Mario Vargas Llosa, il quale, tuttavia, ha
il merito di aver rilevato e difeso nella nuova tendenza la
libertà individuale dello scrittore nell'ambito di un comune
impegno di rinnovamento. Lo scrittore peruviano afferma, infatti,
l'impossibilità nel «nuovo romanzo» -o «novela de
creación»
, come preferisce
chiamarla26-
di stabilire un comune denominatore, poiché in esso i temi,
le intenzioni, gli stili e i procedimenti più eterogenei
«rivalizan»
.
Sotto tale diversità -«que es su riqueza
mayor»27
-
Vargas Llosa vede tuttavia un fatto centrale e unificatore:
«la conciencia formal, la
voluntad artística»28
.
Sulla «independencia
formal»
lo scrittore fonda la «adultez»
della
narrativa ispano-americana. Ma proprio su questo terreno non
mancherà chi, come Manuel Pedro González29,
rimprovererà - a torto o a ragione - a taluni dei nuovi
narratori ispano-americani l'eccessiva adesione ai modelli
stranieri, la frustrazione delle doti originali nella ripetizione
di formule altrui.
È un fatto, comunque, che il «nuovo romanzo», ripudiando le suggestioni del folklore, il tellurismo, il documentarismo fine a se stesso, trova la sua strada centrando la propria indagine sull'uomo, in un momento estremamente inquietante della sua esistenza. La novità, per il lettore, oltre a quella d'indole formale ed espressiva, sta nel fatto che per la prima volta i protagonisti del romanzo ispano-americano non gli sono estranei, ma in essi vede riflettersi i problemi che gli sono propri, le ansie e le aspirazioni sulle quali si costruisce la sua stessa vita. Le novità formali non significano freddezza, non sono un esercizio esterno, né la fantasia, il gioco magico, la dimensione leggendaria e mitica costituiscono un'evasione fine a se stessa: tutti questi elementi sottolineano, al contrario, il fondamentale problema umano, la condizione inquietante del nostro esistere, la partecipazione dello scrittore al dramma in cui ci identifichiamo.
In questo senso,
mi sembra, l'Amorós ha centrato il problema definendo
l'attuale romanzo ispano-americano «profundamente
realista»
, non nel senso che esso si limiti
alla pura e semplice riproduzione fotografica della realtà
esterna, ma in quanto si propone di raggiungere gli strati
più profondi della realtà attraverso l'ausilio
costante e sistematico dell'immaginazione30.
Il critico parla di un «punto clave»
,
di una «fórmula
definitoria»
per il gruppo dei nuovi romanzieri: «la imaginación como vía
indispensable para alcanzar la auténtica realidad, falseada
por los naturalismos superficiales»31
.
A chi affronti l'esame della narrativa ispano-americana, dalle sue epoche remote, spoglio di pregiudizi, non può sfuggire che essa risponde, in sostanza, a un unico impegno, affermantesi sulla varietà delle correnti, sulle diversità d'espressione e di struttura: la ricerca di un'identità americana, l'uomo come centro di un universo nel quale intende affermare la propria presenza. È questo un punto fondamentale che accomuna gli scrittori del passato e del presente. Nessuno si nasconde le differenze sostanziali che esistono tra essi, ma l'uomo è il «labirinto magico» nel quale il romanziere ispano-americano è attratto costantemente a condurre la propria indagine. Solo che i nuovi narratori, al disopra delle evidenti connotazioni nazionali, proiettano i loro protagonisti in un ambito universale, rendendoli cittadini del mondo.
Gli studi raccolti in questo volume sono dedicati esclusivamente all'esame di espressioni del «nuovo romanzo». Di ognuno degli scrittori considerati ho scelto un libro, a mio giudizio di valore permanente nella storia della narrativa ispano-americana e preminente nell'opera dei singoli autori. Diverso è il caso di Asturias, per il quale, avendo già dedicato alla sua narrativa un volume, ho preferito uno degli ultimi libri della sua produzione, non da me considerato precedentemente, per ragioni d'ordine cronologico, e tuttavia particolarmente significativo nel senso di un vigore creativo non esausto.
In queste pagine non si tratta, è bene chiarirlo, di tracciare una storia della «nueva novela»; altri lo hanno fatto e a essi rimando32. Neppure ho inteso considerare tutti gli autori sui quali si fonda l'esistenza del «nuovo romanzo». È risaputo che ogni scelta, anche in campo critico, ha alle radici motivazioni profonde di carattere intimo. Tuttavia, la scelta degli autori, e delle opere, che compaiono in questo libro, risponde egualmente a un criterio d'indole critica, che mi ha fatto preferire taluni scrittori ad altri, pur assai noti, in quanto da me considerati particolarmente rilevanti, in ambito continentale, nel processo di affermazione del «nuovo romanzo»33. In qualche caso ho anche inteso esplicitamente rivendicare ad alcuni autori un posto al quale ritengo abbiano pieno diritto, nonostante la minore attenzione loro riservata dalla critica militante. È il caso, concretamente, di Augusto Roa Bastos e di José María Arguedas, al quale ultimo, in particolare, lo studio che gli è dedicato vuol essere anche un omaggio, reso all'amico tragicamente scomparso.
Tutti gli studi qui riuniti, ordinati secondo la cronologia d'apparizione dell'opera trattata, sono pubblicati per la prima volta, ad eccezione del saggio dedicato a Hijo de hombre, di Augusto Roa Bastos34, e di quello intorno a Maladrón, di Miguel Ángel Asturias35, dal quale ultimo è stato tratto il titolo del presente volume. Ritengo, infatti, che sotto tale titolo si possano legittimamente raccogliere, come rette da un comune denominatore, le opere prese in considerazione e, di conseguenza, gli studi a esse dedicati.