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Natura e società nell'opera di Cienfuegos

Con un'appendice di testi inediti

Rinaldo Froldi





Se ci si sofferma sui primi testi della raccolta di poesie di Álvarez de Cienfuegos1, si nota in essi la presenza di un'atmosfera letteraria che immediatamente richiama i modi degli Ocios de mi juventud di Cadalso o delle anacreontiche di Meléndez Valdés. Già nella prima composizione che funge da proemio, Mi destino2 il riferimento è palese: Cienfuegos, con aggraziata immaginazione, finge un vaticinio pronunciato, fin dal tempo della sua nascita, sulla sua culla, dal dio Amore, con il suo contorno di Amorini: un vaticinio che lo destina -lontano dalle imprese belliche o dai rischi del mare, dalle ricchezze e dalle altre pericolose ambizioni umane- soltanto a perenni «tiernos amores». Allo stesso modo Cadalso nella poesia proemiale alla sua raccolta3 diceva dei suoi versi che «todos de risa son, gusto y amores» o nella composizione seguente4 aggiungeva: «mi lira canta la ternura sola»; mentre d'altra parte Meléndez Valdés nelle due odi A mis lectores e De mis cantares che aprono la sua raccolta5 dopo essersi definito di carattere sensibile («yo tiemblo y me estremezco») e portato al piacere («muchacho soy y quiero... gozarme con danzas y convites»), immagina di essere assalito in sogno da Bacco e Amore che gli pronosticano il suo destino:


    Tú de las roncas armas
ni oirás el son terrible,
ni en mal seguro leño
bramar las crudas sirtes.
    La paz y los amores
te harán, Batilo, insigne;
y de Cupido y Baco
serás el blando cisne.

  —2→  

I punti di contatto fra le poesie di Cienfuegos e quelle dei maggiori poeti dell'ambito salmantino che lo avevano di poco preceduto ed erano suoi inevitabili modelli sono così evidenti che ci dispensano dall'addurre ulteriori testi a riprova, specie per quel che concerne l'influsso di Meléndez Valdés. Questi che era già docente di Humanidades nel 1782 in quell'Ateneo quando vi giungeva, diciottenne, Cienfuegos6, ed aveva ormai acquistato una posizione di predominio nella cultura poetica locale7, guidò come maestro i primi passi del più giovane poeta di cui diverrà e resterà sempre amico8.

Cienfuegos s'orientò verso una poesia di tipo anacreontico-galante o verso una produzione più vivacemente -e personalmente- sentimentale su sfondo, in prevalenza, pastorale. Al primo tipo d'ispirazione appartengono composizioni come Mis trasformaciones9 ove il sospiro finale («¡oh, si a mi amor eterno / correspondieses, Laura!») che svela uno stato di sottile tormento psicologico, è preceduto da una elegante serie di descrizioni in cui il poeta, turbato di continuo da amantes ansias, immagina diverse sue trasformazioni in esseri naturali pur di poter restare presso alla sua donna, o come El precio de una rosa10 che consiste nella descrizione di un grazioso gioco erotico, oppure come La desconfianza11 che deriva motivi e cadenze da Meléndez Valdés12, deviandoli però verso una soggettiva nota di dubbio e sofferta melanconia. Simile spunto appare   —3→   ne La despedida13 che echeggia chiaramente nel tema e nella cadenza metrica e colore musicale dei versi la canzonetta metastasiana La partenza14. S'osservi soprattutto la somiglianza del ritornello:


e tu chi sa se mai y tú, ¿quién sabe en tanto
ti sovverrai di me! si olvidarás mi amor?

Ma siamo, in fondo, sempre nello stesso clima culturale: la ricerca da parte della poesia salmantina di esperienze nuove, europee, capaci di rinnovare il gusto spagnolo: Meléndez Valdés del resto aveva tradotto un'altra canzonetta metastasiana, La libertà a Nice15.

Al secondo tipo d'ispirazione appartiene il dittico [El propósito e La violación del propósito16] sopra quella che si potrebbe definire «l'impossibilità di non amare», che sarà tema sempre caro al poeta e che, in una particolarmente intensa accentuazione di motivi sentimentali, analizzati con grande attenzione alle sfumature, offrirà lo spunto a uno scoperto soggettivismo17. In El amante desdeñado e Los amantes enojados18 l'ambiente si fa apertamente pastorale anche se Cienfuegos, come del resto Meléndez Valdés, rifuggendo da una convenzionale astrattezza classicheggiante, lo rende più concretamente, familiarmente -direi- preciso, con i riferimenti salmantini al Tormes e all'Otea. L'elemento descrittivo ha parte notevole in funzione introduttiva mentre poi l'accento principale è posto sopra le figure dei protagonisti, semplici pastori che sono trasfigurazione di condizioni umane elementari e genuine in cui i sentimenti vivono allo stato puro: la sofferenza di chi non è ricambiato nel suo amore o la forza della passione che tutto travolge, anche i piccoli risentimenti o le inevitabili incomprensioni:


se enlazan los dos amantes
y en mil besos regalados,
perdones tiernos se piden
y se aman más que se amaron.

Il tema anacreontico della fugacità della vita e dell'invito all'amore sono presentati ne El fin del otoño19 attraverso il tema del rapido cangiare delle stagioni, mentre ne El túmulo20 il motivo della necessità d'amare nel tempo della giovinezza («El tiempo de amar es éste / los días   —4→   rápidos huyen y la juventud no vuelve»), riappare in una mutata, patetica sceneggiatura: i due giovani amanti si promettono fedeltà davanti alla tomba di due pastori che seppero amarsi per tutta la vita.

Idillico è il romance El cayado21 dove domina la figura di un vecchio a colloquio con un frassino, colloquio attraverso il quale il protagonista ricostruisce le tappe salienti della sua vita con una viva partecipazione a quello che è il fluire della natura, in una accorata ma forte consapevolezza di quello che è l'umano destino di morte. Del resto la nota meditativa sempre presente in queste sia pur «leggere» composizioni è caratteristica di Cienfuegos che può giungere anche a toni drammatici, partendo da motivi che rientrano nel gusto anacreontico-galante. Ne El rompimiento22 la figura della protagonista «Filis incostante» non è soltanto occasione a una ricerca di sottolineature sentimentali o a una rappresentazione psicologica ma è occasione di rigorosa riflessione morale: l'infedeltà della donna non è considerata un tollerabile anche se riprovevole gioco mondano ma è sentita dal poeta come grave offesa morale e genera in lui l'ansia della vendetta. Più orientata verso un tono patetico è la canzone A Galatea23 impostata su un lungo monologo di una madre che piange l'abbandono della figlia fuggita con un amante ed è combattuta fra la riprovazione e l'amoroso perdono.

Risulta facile riferire questo primo gruppo di poesie da noi prese in esame al periodo salmantino della vita di Cienfuegos, sia per alcuni indiscutibili riferimenti concreti alla città dei suo studi, sia per gli evidenti influssi melendeziani, sia per la vicinanza di questi testi con un altro gruppo di poesie, fino ad oggi inedite, la cui raccolta manoscritta porta la data del 1784 (e quindi si riferisce senza dubbio al periodo salmantino) e che qui in appendice pubblichiamo.

Il titolo stesso: Diversiones24 richiama gli Ocios cadalsiani e le poesie anacreontiche che Meléndez Valdés diceva d'aver composto come «deliciosos pasatiempos»25. Si tratta di una breve raccolta che, mentre rivela certi inevitabili limiti dell'autore ventenne, offre pure una visione chiara della personalità in formazione del poeta. Vi si nota ad esempio, sulla base di una cultura classica non accademica, un gusto verso forme e esperienze non convenzionali e uno spirito critico già pronto e desto. Di dettato facile e scorrevole, la canzone iniziale (Me acuerdo que algún día) racconta in forma graziosamente mitologica come si rivelò Amore nella sua invincibile potenza al giovane poeta incredulo, mentre si possono ricondurre la monostrofe Anacloris hermosa, il romance Por divertir tus   —5→   tristezas, nonché l'endecha Dulce pastorcilla nell'ambito del gusto anacreontico.

Ma accanto alla tematica erotico-sentimentale si trovano anche temi più propriamente naturalistico-descrittivi come nell'endecha Dulce pajarillo, nell'ode Barquilla azotada e soprattutto nella idillica odicina A la vida del campo dove, nel ritmo scorrevole del quinario (adónicos), si crea un felice quadro di paesaggio che si conclude tuttavia con una valutazione d'ordine morale:


¡Qué dulce vida
es la del campo!
Libre de penas
y de cuidados.

E c'è anche un tentativo non compiuto di più estesa egloga: La bucólica del Tormes che ci ricorda Batilo come modello ispiratore: sono sette stanze melodiose dove la celebrazione della vita della campagna è inno alla virtù, alla pace interiore sconosciuta a chi ama il mondo e le sue ambizioni:


¡Felices los pastores!
Que gozamos dulzuras superiores.

Interessanti sono anche, in questa giovanile produzione, gli spunti epigrammatici e i temi burleschi, estranei alla musa di Meléndez Valdés, anche se diffusi nell'ambiente salmantino del tempo: epigrammi scrissero Iglesias de La Casa26, Forner27 e un intero libro d'epigrammi León de Arroyal28. Tuttavia la cosa che più merita d'essere sottolineata è che già in queste giovanili composizioni s'affaccia un impegno morale che ritroveremo poi come una costante in tutta la produzione di Cienfuegos. E non si tratta soltanto della moralità che scaturisce da un certo oraziano senso della semplicità della vita di campagna (che può svolgersi in forme non prive di originalità o manifestarsi nell'elogio della prudenza (A los viejos) o della povertà (El cielo soberano) ma si palesa soprattutto in un atteggiamento critico della società o di certi difetti umani: così è scoperto il disprezzo per la vanità quale soprattutto appare nell'errato culto della nobiltà (Soneto a un montañés, Epigrama al mismo), per l'ostentazione di un orgoglio militaresco mal inteso (A un valiente andaluz) e in genere per ogni moralmente vacua aspirazione umana29 cui viene contrapposta la   —6→   semplicità di chi s'è formato una cosciente condotta di vita etica. La ragione è posta a guida dell'esistenza: una ragione che sa mediare la vita e le passioni, che, collocando esattamente l'uomo nel contesto naturale, rifugge da proiezioni idealistiche e trionfa delle contraddizioni. In questo atteggiamento il giovane Cienfuegos rivela chiaramente la sua formazione ideologica, essenzialmente illuministica30.

Alla giovanile fase salmantina succede la più matura esperienza di vita e poesia del periodo madrilegno. Nel 1788 Cienfuegos si trasferisce nella capitale dove, dopo parecchi anni e fra infinite difficoltà e disagi, riesce a crearsi una posizione sociale31. Il passaggio da Salamanca a Madrid significò per lui il passaggio dallo studio teorico alla pratica, dai giovanili umanitari sogni di perfezione morale all'urto aspro con le infinite miserie dell'umano consorzio, significò l'allargamento del suo piccolo mondo a un mondo socialmente più ampio e importante, non tuttavia moralmente più elevato. Fu un terribile colpo alla sua sensibilità che però non infirmò la sua consapevole fede in quei principi di ragione e virtù che aveva derivato dalla sua formazione illuministica. Si direbbe anzi che il duro quotidiano attrito con le amarezze e tristezze dell'esistenza la rafforzasse: tutta la sua opera letteraria è infatti da essa dominata. In questa situazione psicologica, si comprende come per Cienfuegos le oasi di riposo morale potessero essere costituite soltanto dai contatti con gli amici32, fra i quali emergono Quintana, che proprio a Cienfuegos -ormai defunto- dedicherà -nel 1813- la raccolta delle sue poesie con espressioni di profonda stima morale e affettuosa memore amicizia33, il gruppo di letterati e artisti che si riuniva nel palazzo di Piedrahita presso la contessa d'Alba e che comprendeva, oltre che Quintana, anche Meléndez Valdés, Goya, Jovellanos e Somoza, il marchese e la marchesa di Fuerte-Híjar, quest'ultima appartenente alla Sociedad Económica de amigos del País di Madrid e alla quale Cienfuegos dedicò   —7→   la tragedia La Condesa de Castilla34. Ma erano appunto oasi in un ambiente generale che si faceva sempre più ostile agli ideali di libertà e di umanità di Cienfuegos. Noi abbiamo una precisa amara testimonianza dello stato d'animo del poeta, del suo sofferto dramma morale di quegli anni, nell'ode dedicata a Meléndez Valdés El recuerdo de mi adolescencia35. Gli anni della giovinezza trascorsa accanto a Meléndez Valdés nella tranquilla Salamanca sono evocati con struggente nostalgia e assurgono a simbolo dell'età felice delle illusioni che la vita più matura s'incarica di demolire:


¡sencilla juventud! nueva en el mundo,
le prodigas tu amor, porque le ignoras.

Il poeta va ricordando la sua fede di quei giorni, suggerita da una «bondosa inexperiencia»:


Paz, recíproco amor, todo el deleite
de la vida social, fueron mis días
en aquella estación ¡cándida imagen
de la hermosa unidad de la natura!
Allí fue el hombre mi oficioso hermano;
en su querer me saludé felice
y a lo futuro adelanté mi dicha.

I principi, per Cienfuegos, sono ancora vivi: quella che è caduta è la fede in una partecipazione piena, di tutta l'umanità, al grande sogno di riscatto. Amaro inganno fu per il poeta il contatto pieno con la vita: all'innocenza della giovinezza salmantina subentrò il dolore della costatazione che l'uomo si trova collocato in una società in cui domina solo l'«insensible interés», dove l'uomo aggredisce l'uomo per emergere con la brutale violenza di un naufrago che affoga il fratello per sottrargli una tavola che sia di salvezza a se stesso, una società che costituisce un «mundo infecto» il quale è tale che


arideciendo el alma infructuosa,
sin esperanza la semilla ahoga
que natura plantó,

una società in cui il virtuoso non può che restare solo, rompendo quei lacci di fraternità cui natura lo obbliga ma ch'egli deve pur spezzare per sfuggire alla colpa. Unico conforto resta la coscienza della propria virtù e l'amicizia di pochissimi:


su oscura probidad y algún amigo,
solitario cual él, son su universo.

  —8→  

Da questo lacerante contrasto fra l'amore dell'umanità e quello della virtù che non riescono, come dovrebbero, ad accordarsi


(¿Es ley forzosa
para amar la virtud, odiar al hombre
y huirle como a bárbaro asesino?
¡Congojosa verdad!)

è dominata tutta la maggiore poesia di Cienfuegos.

In La primavera36 abbiamo all'inizio una parte descrittivistica: il poeta si compiace di cogliere ed enumerare singoli particolari per ricostruire il tutto di una verità di natura in cui egli si riconosce. In tal modo gli elementi arcadico-bucolici perdono ogni ozioso carattere edonistico ed evasivo per divenire insieme razionale e sentimentale partecipazione alle cose. Svolgimento del tutto imprevisto e originale ha successivamente la composizione. È dal motivo della operante forza naturale del «vivificante amor», il quale tutto sa conservare e trasformare perennemente, che si stacca, per contrasto, il motivo dell'arida ma incolpevole solitudine del poeta:


yo -no culpable-
yo solo, en juventud ¡ay me! perdido,
entre tanto contento,
mi soledad y desamor lamento.

Non si tratta -come sarà ad esempio per il Leopardi- di una accusa lanciata alla natura, ma di una dolorosa costatazione di concrete circostanze avverse che risalgono se mai alla società e cioè il riconoscimento che la disuguaglianza economica fra gli uomini vieta a chi nasce povero ciò che concede con colpevole abbondanza al ricco:


¡ay sometido
de la pobreza a la imperiosa mano
nunca oiré delicioso,
nunca me oiré llamar padre ni esposo!
Cruel disparidad, tú, monstruosa,
divinizando la opulencia hinchada
sobre la humillación del indigente,
sumergiste la tierra lagrimosa
en desorden y horror. Por ti cercada
de riqueza y maldad, alza la frente
la insaciable codicia, que sangrienta
llamó suyo el placer y la esperanza
que la natura por común holganza
dio a los humanos. Al sudor y afrenta
el bueno es condenado
porque nade en deleites el malvado.

  —9→  

Qui l'amarezza sentimentale intorno ai temi della povertà e della fame delle giovanili poesie37 si è fatta consapevolezza critica: il poeta sa che il mondo non obbedisce alla razón e alla virtud38 e che il suo ideale di perfezione umana non esiste nella realtà: per questo si sofferma a cercarlo liricamente in una figurazione di sogno: egli si proietta illusoriamente in una lontana regione, la Svizzera, che era assurta nella cultura del tempo, soprattutto attraverso Rousseau e Gessner39, a simbolo di una nuova, felice, illuministica Arcadia, e si vede trasformato in un semplice pastore dedito a una vita operosa, confortata dall'innocenza naturale, dall'amore e dal culto della virtù. Ma breve è il sogno: urge invece la realtà:


¿dónde perdido
me llevan ¡oh virtud! tus ilusiones?
No, jamás de mis Alpes las ficciones
realizadas veré, no; desquerido,
sin hijos, sin esposa,
jamás será mi primavera hermosa.

L'illusione per Cienfuegos può essere soltanto un momentaneo indugio sentimentale, un momento di debolezza: sull'illusione non si può teorizzare né costruire alcun valore che renda lecita la fuga dalla realtà. Così ne El otoño40 la festosa descrizione iniziale che s'accentra sul tema della vendemmia è soltanto un passeggero indugio che serve ad introdurre il tema fondamentale della composizione: l'inesorabile trascorrere del tempo che fa sì che alla gioia succedano il pianto e la tristezza secondo un ritmo che è legge per tutti, legge accettata dal poeta con piena virile consapevolezza. Egli sa che la vecchiaia e la morte si avvicinano a rapidi passi e che questo significa l'inevitabile distacco da ogni cosa amata: l'unico conforto che gli resta nella sua condizione che dolorosamente definisce


bárbara amargura
de un ser aislado,

  —10→  

è quello che gli viene dagli amici e dal culto della virtù:


Mi tristeza os llama;
volad amigos, que con tiernos lazos
estrechándome, huirá mi desventura.
¡Pueda en medio de vos, pobre, sin fama,
merecer vuestro amor, y en vuestros brazos
venturoso vivir eternamente!
¡Pueda aprender de vos, la calma frente
posando en vuestros dulces corazones,
de la santa virtud las instrucciones!

Rousseauiana persino nel titolo è un'altra poesia di Cienfuegos Mi paseo solitario de primavera41. Sin dall'inizio si pone chiaramente l'opposizione fra l'Affanno mondano («el insano estruendo / del cortesano mar siempre agitado») e la solitudine che il poeta, «siempre herido de amorosa llama» cerca nella campagna, luogo adatto alle sue meditazioni. Con l'animo turbato da una insoddisfatta ansia d'amore («llena el alma de amor y deseando») egli invidia la piena corrispondenza con le leggi della natura che si può osservare negli uccelli:


¡Oh mil veces feliz, pájaro amante,
que naces, amas y en amando mueres!

Soltanto l'uomo «a la luz cerró los ojos» e, sovvertendo l'ordine naturale,


...amó, mas no a su hermano
sino a los monstruos que crio su idea:
al mortífero honor, al oro infame,
a la inicua ambición, al letargoso
indolente placer y a ti, oh terrible
sed de la fama.

Tragica illusione questa dell'umanità che si perde rincorrendo falsi miraggi di bene per poi farsi cogliere, alla soglia della tomba, da tardivo, inutile rimorso. Il poeta vorrebbe «por virtud, por amor» cercare altra strada; staccandosi dal consorzio umano, ritrovare


...la alma inocencia,
la activa compasión, la deliciosa
beneficencia y el deseo noble
de ser feliz en la ventura ajena,

ma s'accorge di potere, soltanto nel sogno -e vanamente- attingere la propria speranza42. Unico rifugio resta pur sempre la breve cerchia degli amici; con desolata tristezza (e morale grandezza) egli può affermare:   —11→  


vos mis amigos,
cuantos partís mi corazón amante,
vosotros solos habitáis los yermos
de mi país de amor.

E altrove [A un amigo que dudaba de mi amistad43] egli si riconosce parte di un tutto la cui legge fondamentale è quella dell'amore. Affrontando una tematica scientifico-fìlosofìca egli canta il formarsi della natura ordinata dal caos primitivo, per forza d'amore. Anche l'uomo, per la legge d'amore, si formò alla civiltà:


El hombre obedeció y en el arado
nació la sociedad. Allí abrazado
del hombre el hombre, por la vez primera
toda la humanidad sintió en su pecho,
toda, toda su esencia, su alma entera:
hombre fue el hombre.

Ma, degenerando successivamente nella società, l'uomo ha riprecipitato il mondo nel caos e allo stato attuale il trionfo dell'amore resta soltanto un sogno:


¡pueda algún día,
el terco error y la ignorancia hollando,
traer los hombres a su dulce mando,
la tierra en paraíso convirtiendo!
¡Pueda los corazones encendiendo
en caridad, llenar a los mortales
de este mar de placer que ahora inunda
mi pecho, electrizado en sus amores!

Contro il sogno sta l'immagine reale della vita, ben diversamente tragica. Così nell'epistola A mi amigo, en la muerte de un hermano44 ritorna la meditazione su quella che è il mondo, falsato dalle colpe degli uomini, tanto che la morte può essere guardata come un traguardo felice se giunge a sottrarci allo spettacolo miserevole


de la santa virtud atada en triunfo
de la maldad al victorioso carro,

dell'ingiustizia che calpesta l'innocenza, del potere adulato. La nostra vita si configura in tal modo in un'immagine desolante:


hórrido yermo de inflamada arena
do, entre aridez universal y muerte,
solitario tal vez algún arbusto
se esfuerza a verdear.

  —12→  

L'immagine del deserto, simbolo dell'aridità cui è condannata, per sua colpa, l'umanità, costituisce lo spunto iniziale di una delle più liricamente intense composizioni di Cienfuegos: La rosa del desierto45 ove la rosa che fiorisce solitaria è simbolo della


virtud sagrada
de un mundo de maldades rodeada.

Emana dalla rosa una possibilità di comunicazione profonda con gli uomini, proprio in forza de


la belleza moral de su belleza;

il poeta dice di comprenderne il significato: non la coglierà, la lascerà vivere anche se sa che breve è il suo destino:


¡oh rosa del desierto!
Para escuela de amor y de virtudes,
queda y el pasajero
al mirarte se pare y te bendiga
y sienta y llore como yo y prosiga
más contento su próspero camino.

Stretto a questa visione virile dell'esistenza ove lo stesso pianto versato sugli errori dell'umanità, lungi dall'essere affettazione di sentimento falso [come invece in un diverso clima storico, ideologico e sentimentale s'è inteso46, Cienfuegos compose anche l'epistola elegiaca La escuela del sepulcro47 che, dopo la parte iniziale descrittiva in cui è dato avvertire una quasi fisica sofferenza dinanzi allo spettacolo della morte, si svolge nelle forme di un'ampia perorazione contro la vanità delle umane aspirazioni. Nel solco dell'antica tradizione dell'Ubi sunt? in solenni forme retoriche il poeta sviluppa il tema con abbondanza di citazioni classiche, soffermandosi poi principalmente sulla figura storica di Alessandro,   —13→   preso come simbolo della vanità umana, esempio dell'errore che conduce l'uomo a vivere d'illusioni,


desterrado por siempre en el futuro,

e destinato così


a míseros naufragios
de ilusión a ilusión, de sombra en sombra.

Nella «escuela sublime del sepulcro» deve invece l'uomo saper apprendere come saper vivere: se breve è la nostra esistenza (un «vaho», un «pestañear», un inesorabile precipitare verso l'«oscuro no ser») a maggior ragione essa non può essere offuscata dall'errore perché


el error es un mal

cioè colpa morale. Ancora una volta il poeta invoca la ragione come unica guida dell'uomo che i moti suoi intimi deve saper volgere a umani sentimenti, non a scomposte passioni:


La razón, la razón: no hay otra senda
que a la alegre virtud pueda guiarte
y a la felicidad. Por ella fácil,
tus deseos prudente moderando,
aprenderás a despreciar el mundo,
la gloria y la opinión, preciando sólo
lo que inflexible la razón aprueba.

A una precisa intenzione polemica, d'ordine morale e sociale, si deve ricondurre l'ode En alabanza de un carpintero llamado Alfonso48 che vuole celebrare la virtù49 nella figura di un umile artigiano, contro il costume che, per viltà o adulazione, riserva le lodi e gli inni ai potenti, ai nobili, alla


generación del crimen laureado.

Polemica che è anche letteraria per la novità introdotta di fare oggetto di un'ode un personaggio «innoble y bajo» celebrando non le armi o lo scettro ma i semplici strumenti del suo quotidiano lavoro: lo scalpello e la sgorbia. Cienfuegos rivendica la dignità dell'artigiano che è uomo, davanti a Dio, simile a tutti gli uomini e la cui specifica condizione di virtuoso lo innalza sopra gli altri, facendolo apparire immagine di Dio stesso:


inestimable
tesoro en él se encierra
es la imagen de Dios, Dios en la tierra.

  —14→  

Le disuguaglianze che attristano il mondo non possono essere volute dall'Ente primo creatore di tutto, ma sono violenze alla volontà di Dio:


fue usurpación que la verdad nublando,
distinciones halló.

D'altra parte può pensarsi che una vita di dolore e sofferenze, ma virtuosa non riceva mai un suo compenso? Scaturisce in Cienfuegos così, per una intrinseca necessità di ricondurre un ordine di giustizia fra le cose del mondo, [come avviene anche in Rousseau e Meléndez Valdés50] l'idea dell'immortalità come premio della virtù. Sulla tomba del povero artigiano il poeta apprenderà una forte lezione di vita e saprà opporsi al male che grava sull'umanità:


¡oh sepulcro que guardas el reposo
de tan justo mortal! Hasta la muerte
has de ser mi lección. Tú la inocencia
me enseñarás; lo honesto y virtuoso
leeré en tu oscuridad; harás que fuerte
sepa amar el afán y la indigencia;
y que, allí atrincherado,
huelle el poder del crimen entronado.

L'Ode al carpintero Alfonso ci rivela fino a qual punto Cienfuegos sviluppò quei principi di libertà, di fratellanza umanitaria e di virtù ch'egli, fin dalla giovanile formazione salmantina, aveva derivato dal pensiero illuministico. Convinto della necessità di un accordo fra natura e ragione, nell'ignoranza, nella superstizione, nella malvagità che si legano al torbido interesse e all'egoismo, egli vedeva le cause della degenerazione dell'umanità. Mai in Cienfuegos c'è sfiducia verso la natura, mai dubbio intorno ai valori della ragione e della virtù: invece sempre c'è profonda tristezza nella costatazione delle colpe umane. Di qui nasce il suo isolarsi, il suo bisogno di scrutare intimamente l'uomo, la ricerca di un conforto nella solidarietà dei pochi, come lui sofferenti per la causa della giustizia.

Risulta abbastanza evidente da quanto s'è detto l'arbitrarietà delle formule con cui solitamente s'è etichettata la figura di Cienfuegos. Definirlo infatti un «neoclassico», con un termine cioè che riduce la sua personalità a una condizione soltanto stilistico-formale, oltre che inesatto ci sembra sostanzialmente un disimpegno dalla ricerca di valori più profondi. Nemmeno ci sembra valido criticamente fare di lui un romantico51   —15→   ché dal romanticismo lo tengono lontano l'assenza di un qualsiasi atteggiamento di ribellione alla natura, la sua volontà costante di un ordine che si basi sull'uso retto della ragione, la mancanza di un qualsiasi fideismo irrazionalistico52, la viva filantropia contraria a ogni pretesa egocentrica o titanica. Né varrà la pena dilungarci sui tentativi di compromesso critico che hanno fatto di lui o un poeta di «transizione» (definizione qui e in ogni caso sempre evasiva e incerta) oppure -è il caso più frequente- un pre-romantico53. Sull'equivocità di tale termine nell'uso storiografico già altrove ci siamo pronunciati e a quelle pagine rimandiamo il lettore54: basterà soltanto qui osservare che non si può interpretare Cienfuegos romanticamente soltanto in base all'evidente presenza in lui d'elementi «sentimentali». Tutta la grande letteratura settecentesca europea è piena di spunti sentimentali che traggono la loro origine dal pensiero illuministico, il quale si basa su una gnoseologia, una psicologia e una estetica eminentemente sensistiche. In Cienfuegos il sentimento è sempre un termine dialettico di ragione, appartenendo entrambi all'ordine della natura umana: mai in Cienfuegos il sentimento pretende superare la ragione o vantare i propri diritti contro o al di sopra di essa. A1 di là comunque delle formule o delle classificazioni, resta -ed è la cosa più importante- la realtà dell'uomo e dell'artista quale si può, attraverso i testi e gli elementi storici in nostro possesso, ricostruire: Cienfuegos si trovò, nel momento della sua maturità dì pensatore e poeta, isolato nel contesto di una società che pericolosamente arretrava rispetto alle conquiste dell'epoca di Carlo III; l'indirizzo politico di quegli anni (che avevano coinciso con la giovinezza di Cienfuegos) tendente a benefiche generali riforme della struttura sociale ed economica del paese e a favorirvi la libertà di sviluppo culturale e civile, si trasformava in una   —16→   sorda e sospettosa reazione55. Nuova drammatica esperienza per la coscienza di Cienfuegos fu l'apparire alla ribalta della politica europea della figura di Napoleone: come tanti altri suoi contemporanei, Cienfuegos vide in lui il nunzio di un'era nuova di libertà e di giustizia56 ma poi dovette dolorosamente riconoscerne il regime involutivo e tirannico: anzi ne fu vittima nel doloroso episodio del 1808 quando rischiò la vita per aver osato resistere a Murat e poi nella deportazione e nella morte in terra di Francia57. Fedele a un ideale civile di libertà egli fu dunque fino all'estremo sacrificio, come del resto fu sempre coerente nelle sue convinzioni etiche: non si deve dunque temere d'affermare che proprio dalla sua cultura illuministica, profondamente ed umanamente vissuta, nacque il suo canto.

Anche l'analisi del suo linguaggio poetico ci riconduce del resto a quel particolare tipo di cultura. Erede di una poetica essenzialmente sensistica quale s'era attuata in Meléndez Valdés58, Cienfuegos ha più il culto del moderno che dell'antico, della libertà che non della regola, del cosmopolitismo linguistico che non del purismo nazionalistico59.

Così come non ama le classificazioni per generi60 e ogni rigore canonico, preferisce le forme aperte, discorsive alle chiuse, prediligendo la cadenza mutevole dell'endecasillabo sciolto, usato sia nei suoi maggiori componimenti lirici che nelle tragedie. Intollerante d'ogni regolamentazione pedantesca non cercò una lingua consacrata dall'uso accademico ma   —17→   anzi tentò d'innovarla profondamente per ottenere nuovi, più intensi effetti espressivi. Annoteremo qui alcuni neologismi lessicali come oreantes61, deslunada62, electrizado63, rustiquecido64, funeral65 (nel significato di funesto), desquerido66 (non nel significato corrente di «non più amato» ma in quello di «non amato». Si tratta di quelle forme che facevano inorridire il buon Hermosilla67 che alla poesia di Cienfuegos s'era accostato secondo un criterio di rigido neoclassicismo esattamente opposto a quello con cui il poeta madrilegno aveva concepito le sue opere. Alla ricerca della «simpatia» del lettore, Cienfuegos si serviva anche di neologismi sintattici come il per lui abituale trasferimento del valore aggettivale a un sostantivo e viceversa: ad esempio: soledades selvosas68 (per selvas solitarias); selvosas espesuras69 (per selvas espesas); cargoso velar70 (per indicare i molteplici impegni che tengono desti, estensione ed intensificazione dell'oraziano longa negotia); florido frescor71 (per indicare il vento fresco carico del profumo dei fiori).

Frequenti pure i traslati e in genere l'uso di perifrasi allusive come ad esempio: bosques de Minerva e arbol de la paz72 (per indicare gli ulivi); la perezosa frente recostando73 (attribuito alla luna personificata); pensativas ramas74 (per indicare i rami pendenti del salice); me encerrare en el llanto75; ruiseñor querellante76; mil atractivos ocultos... exhala77.

S'osservino altri costrutti desueti: l'adozione di verbi intransitivi come transitivi: ríe esencias78, paseaba... su calma79, il costrutto pueda + infinito in funzione ottativa modellato sull'uso francese (l'Hermosilla vi vedeva un condannabile gallicismo): pueda...merecer80, pueda comenzar81, oppure l'uso di espressioni o termini rari: il participio presente   —18→   bramante82, il verbo ciar83, altivez84 (ad indicare l'altezza dei monti), vacante85 (usato nel significato di vacío).

Ed ancora si può notare l'uso della sineddoche: hondo mimbre86 per indicare una profonda cesta; della personificazione, come quella del Sole nella poesia En la ausencia de Cloe87; della prosopopea88 o delle frequenti interrogazioni retoriche89. Insomma: il linguaggio di Cienfuegos [che non disdegna neppure le voci considerate comuni o addirittura plebee90] mira a una intensificazione e a una ricerca di contatto emozionale col lettore che rientra in pieno nel gusto formatosi in Europa nella seconda metà del Settecento, per influsso del sensismo psicologico ed estetico.

Se ora volgiamo l'attenzione alla produzione drammatica di Cienfuegos, noteremo che le sue tragedie sono essenzialmente il tentativo di tradurre in azione scenica il conflitto morale che sta alla base dell'esperienza di pensiero e di vita del poeta madrilegno: lo scontro fra la «virtù» concepita come fondamento del retto vivere e il «vizio» di cui la società e quindi la vita sono impregnate. Nella Zoraida91 assistiamo alla lotta fra la virtù della protagonista e del guerriero abencerraje Abenamet, suo promesso sposo, e le trame fraudolente del re Boabdil il quale, per possedere Zoraida, non esita a tradire la causa stessa della patria, facendo abbandonare dai suoi zegríes, sul campo di battaglia, Abenamet, sì che questi perde lo stendardo di Granada. Secondo la legge, egli poi esige che chi ha perso lo stendardo sia condannato a morte, per ricattare quindi Zoraida, promettendole la commutazione della pena di morte di Abenamet in quella dell'esilio, s'ella acconsentirà alle nozze. II ricatto è   —19→   accettato ma quando Abenamet ritorna alla reggia, attratto da un falso biglietto dell'infido Boabdil che vuole definitivamente perderlo ed è dal re stesso sorpreso insieme a Zoraida, i due amanti consacrano con il suicidio la fedeltà al loro amore. Nel corso della tragedia Cienfuegos insiste sulla constatazione che il male si maschera ovunque sotto l'aspetto di virtù, per meglio abbatterla:


el vicio... reina en la tierra
y a la virtud su máscara vistiendo
remeda astuto y en su red la prende


(I, IV, p. 22)                



Y ése es mi llanto,
que siempre la virtud es la oprimida


(II, I, p. 42)                


ma pure insiste nell'affermazione della superiorità della virtù su ogni altro valore:


Querido Abenamet, ¿por qué naciste
en días tan maléficos y aciagos?
Cuando el amor y la virtud rigiesen,


tú serías feliz                



(II, IV, p. 33)
La virtud, la virtud: no hay en la tierra
fuera de ella placer


(III, IV, p. 84)                


Lontana da ogni ricerca di particolare esotismo92 effettistico o da quella particolare disposizione patriottico-religiosa con cui nella tradizione letteraria spagnola erano in genere state viste le vicende storiche e leggendarie dei mori, la tragedia di Cienfuegos si colloca quasi fuori del tempo, come un dramma di passioni umane eternamente valide ed è forse qui, in questa sua tesa astrazione, che risiede il suo limite estetico ma è pur qui che scopriamo la piena coerenza ideologica di Cienfuegos e lo stretto rapporto che intercorre fra la tragedia e il suo «filosofico» pensiero quale si manifesta nella raccolta delle poesie.

Ad un'ispirazione sostanzialmente «umanitaria» si rifà anche La Condesa de Castilla93. Il tema era, nella letteratura spagnola, antico94,   —20→   senonché la fosca tragedia della tradizione, in cui la vedova di Garci Fernández, secondo conte di Castiglia, s'accorda con il moro Almanzor, per avvelenare il proprio figlio Sancho e regnare al suo posto insieme all'amante, ma finisce poi per morire del suo stesso veleno, acquista in Cienfuegos tutt'altro svolgimento e significato. Si può dire anzi che avviene un capovolgimento vero e proprio nella caratterizzazione dei personaggi: innanzitutto Sancho non è più l'eroe castigliano vittima delle truci macchinazioni della madre alleata di un nemico, ma è invece un uomo violento, che aspira a un potere quasi tirannico, ribelle alla madre e carico d'odio disumano contro gli avversari in guerra. Almanzor invece è nobile e generoso. La Contessa è un personaggio eminentemente patetico: dalla sua eccezionale sensibilità essa è portata ad amare tutte le creature:


Yo me abraso en amor: yo te amo, Sancho,
sin medida ni fin, amo a mis deudos,
a mis amigos, a mi esposo, a todos,
a todo cuanto encierra el universo,
hasta a las piedras insensibles amo.


(III, III, p. 188)                


In questo temperamento appassionato si colloca e si giustifica l'irresistibile passione per Almanzor. Nella tragedia di Cienfuegos non c'è la turpe congiura ai danni di Sancho García fra la Contessa e Almanzor: se la Contessa decide di preparare una coppa con il veleno, lo fa travolta dal risentimento verso il comportamento del figlio che, malvagio e violento, ella giunge a giudicare quasi un mostro:


¡A la tierra de un monstruo liberemos!


(III, IV, p. 194)                


Tuttavia ella non avrà poi la forza di propinare il veleno al figlio e preferirà berlo ella stessa, risolvendo con la sua morte il nodo drammatico. Quanto alla conclusione che il Piñeyro95 ha giudicato «débil e inverosímil» ed il Cook96 «overly sentimental», bisognerà osservare che se è inverosimile rispetto alla situazione storica, è coerente però con le intenzioni di Cienfuegos che in quest'opera tralascia ogni preoccupazione di tipo patriottico o eroico nel senso tradizionale, per volgersi a una specie di celebrazione delle virtù pacifiche97, prime fra tutte l'amore e l'amicizia e che, proprio con l'ultima scena, punta all'effetto, volendo ottenere nel pubblico una commozione istruttiva ed edificante.

L'Idomeneo98 è tragedia che s'ispira all'antichità classica ma ormai   —21→   sappiamo quanto poca importanza abbiano per Cienfuegos i riferimenti storici o ambientali. Scarsa importanza del pari hanno i riferimenti alla tradizione letteraria precedente99: Cienfuegos ne trae infatti elementi ma il significato è nuovo e la trasformazione profonda. Così nell'Idomeneo, a differenza di quanto avviene nelle fonti, l'elemento religioso non diventa secondario e non è assente, ma addirittura è oggetto di violenta critica; l'idea del rispetto di un voto tanto disumano come quello fatto da Idomeneo a Nettuno, nel corso di una tempesta di mare, cioè quello d'uccidere il primo uomo che incontrerà sbarcando, reso più drammatico dal fatto che Idomeneo s'imbatte nel figlio, è considerata alla stregua di una stolta superstizione: come ogni forma d'errato culto irrazionale,


que fue la iniquidad quien, entronada
en la ignorancia, imaginó funesta
un olimpo de dioses vengativos,
como el débil mortal viles esclavos
del ciego error y míseras pasiones.


(I, I, p. 251)                


Cienfuegos addita nel Sacerdote, falso e subdolo, il maggior colpevole: egli ha macchinato per assoggettare la volontà d'Idomeneo, egli ha comprato l'oracolo100, guidato da un calcolo egoistico. Idomeneo è dipinto da Cienfuegos come un essere schiavo della propria ambizione di tiranno: per questo resta sottomesso al Sacerdote e giunge persino ad ordinare il sacrificio del figlio. Alle figure dei malvagi s'oppongono quelle dei virtuosi: Polymenes, il figlio d'Idomeneo, buono e consolatore degli infelici («que entre infelices / se aprende la virtud», I, IV, p. 263) che finirà -dopo esser stato sottratto al sacrificio dalla rivolta del popolo (che in Cienfuegos si ribella, umanitariamente, alla sentenza del Re e del Gran Sacerdote)- accidentalmente trafitto dai suoi stessi salvatori, nel momento in cui, in un ultimo slancio di generosità, cercherà di sottrarre il Sacerdote alla giustizia della folla, e -accanto a Polymenes- il suo nobile amico, il figlio stesso del Sacerdote, Linceo, che nella sua   —22→   foga appassionata sembra personificare lo stesso autore. Anch'egli, in questa tragedia della virtù oppressa, morirà in combattimento. Non c'è vicenda d'amore nel dramma se non quella che lega Brisea, sposa del Re, al suo consorte. Brisea è figura femminile eroicamente sensibile e virtuosa («el heroísmo en la virtud estriba / y jamás la virtud es insensible», II, IX, p. 301). Per questo ella non saprà resistere alla morte del figlio e di Linceo, al male trionfante, e s'ucciderà imprecando allo sposo colpevole. Solo sulla scena, impietrito dal dolore, Idomeneo depone il potere e si prepara all'esilio.

Se nell'Idomeneo il valore della virtù contro la malvagità, quello della ragione contro l'errore e la superstizione e quello della nobiltà e generosità dell'animo contro la tirannia e l'ambizione sono affermati in una vicenda in cui il male trionfa, in Pítaco101, la virtù del saggio trionfa sull'odio inconsulto mentre la purezza del sentimento d'amore (Saffo) si chiude dolorosamente ma eroicamente in se stessa. Pittaco non è un tiranno, è un uomo dotto e saggio che nel disagio politico della patria (Mitilene) in cui una rivoluzione ha abbattuto il tiranno Melancro, ha accettato di governarla per il bene del popolo. Volendo salvare dalla furia popolare il figlio del tiranno ucciso, Faone, lo ha esiliato insieme all'amico Alceo e -trascorso un po' di tempo e calmatesi le passioni- fa ritornare i due giovani dall'esilio in patria, ridando loro i beni precedentemente confiscati e prodigandosi in ogni modo per ottenere la loro amicizia. Ma l'odio dei due (suggerito soprattutto dall'ambizione) è implacabile: ordiscono una congiura alla quale Faone tenta d'attirare la stessa Saffo, sapendola di lui innamorata. Fingendo amore, spera di associare a sé lei che è parente di Pittaco. Ma Saffo s'accorge dell'inganno e col cuore lacerato («...jamás creyera / tanta maldad en los humanos pechos / que en el amor sacrílegos burlasen / la más bella pasión del universo», III, IV, p. 278) va a cercare l'oblio a Leucade là dove si dice che


los amantes
...sanan o perecen luego.


(III, VII, p. 286)                


La congiura non riesce: Alceo è fatto prigioniero e Faone fugge. Pittaco ha trionfato della malvagità altrui ma, sempre pronto alla bontà, al colloquio fraterno con gli altri uomini, a una vera pace, s'accorge di correre il pericolo, restando al potere, di rovinarsi:


¡Ay! yo lo siento;
mi virtud se ha gastado. En este día
he probado unos bárbaros deseos,
unas pasiones de venganza y muerte
nunca jamás sentidas de mi pecho.


(III, X, p. 292)                


  —23→  

Prima di perdere la virtù, egli preferisce ritirarsi e così riconquista la propria libertà di condurre una vita semplice e giusta a contatto con la natura, lontana dal turbinio della corte.

La critica che s'è occupata del teatro di Cienfuegos102 non è andata al di là d'alcune constatazioni concernenti soprattutto la struttura esteriore delle tragedie e, osservando che in esse vengono rispettate le regole dell'unità, che le vicende secondarie sono eliminate, i personaggi ridotti al minimo, ha parlato di tragedia neoclassica senza rendersi conto dell'incompletezza e -in fondo- imprecisione di una simile definizione. In Cienfuegos la presenza delle cosiddette «regole» non è altro che bisogno di ordine, coerenza drammatica, polemica -se vogliamo- contro quelle che nel suo tempo venivano definite le descomposturas del teatro barocco, ma non è mai irrigidimento nel precetto, rispetto del modello classico, gusto della ricostruzione archeologica, calco stilistico. Anzi egli, in conformità con la libertà del pensiero illuministico, di cui è chiara traccia -come abbiamo già visto- nelle sue idee linguistiche, realizza una tragedia priva di nostalgia del passato, ma attualissima che agita sulla scena problemi contemporanei attraverso un linguaggio estremamente mosso ed aperto.

Nelle ricerche d'avanguardia dell'epoca rientra anche la commedia in un atto Las hermanas generosas103 che è un tentativo di breve commedia larmoyante, composta sulle orme de El delincuente honrado di Jovellanos, anche se qui il patetismo nasce dalla contemplazione non tanto d'avvenimenti dolorosi ma di un delicato splendido esempio di generosità fraterna.

Cienfuegos fu filosofo nell'accezione che si diede al termine nel secolo XVIII e fu poeta dotato di una propria inconfondibile voce. Per intenderlo dobbiamo rivolgerci prima di tutto ai suoi testi, collocandoli nel loro contesto storico, ma se vogliamo farci guidare anche da alcune voci della critica, non alle deformazioni romantiche o alle incertezze del Menéndez Pelayo e di quanti in Ispagna l'hanno seguito, dobbiamo rivolgerci, ma piuttosto ad alcune voci di contemporanei dello stesso Cienfuegos fra i quali soprattutto dobbiamo ricordare il Quintana che ci ha dato di lui un ritratto che vale davvero la pena di citare: «Pero de todos los discípulos de aquella escuela, fundada por Cadalso y tan ilustrada por Meléndez, el que después de este lírico insigne, ha llamado más la atención pública, así para la crítica, como para el aplauso, es Cienfuegos. Los humanistas afectan ahora tratarle con un rigor tanto más extraño, cuanto más favorable había sido la acogida que sus escritos lograron en   —24→   un principio. Los ánimos se hallaban entonces mejor preparados a recibir las impresiones que les daba un escritor entregado todo a la ilusión de la filantropía más exaltada, a las sensaciones deliciosas y tristes de la melancolía más profunda y defensor valiente de todas aquellas virtudes en que consisten la dignidad y la elevación humana. Su imaginación tan ardiente como viva, se ponía fácilmente al nivel de estos sentimientos y los ecos en que se exhalaban eran tan enérgicos como robustos... Cienfuegos, desde que empezaron a conocerse sus primeros ensayos, parecía la sola esperanza de nuestro Parnaso y los amantes de las musas le respetaron y saludaron como a tal»104.

E anche Alcalá Galiano riconosceva che «era Cienfuegos de las mismas doctrinas que su amigo Quintana, quizá extremándolas, quizá no llegando tan allá, pero pareciendo lo primero, porque la violencia en las formas suponía otra igual en la sustancia»105.

Lista in una nobile ode106ci conservò il ricordo della figura morale del poeta con un verso che è rimasto celebre:


la inexorable sombra de Cienfuegos,

fedele immagine di chi, prima ancora che con le circostanze, aveva saputo combattere con se stesso, per salvare la sua dignità di uomo.

RINALDO FROLDI





 
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